Spaceman

Oggi ho scoperto una nuova parola: Cosplay. Si tratta di quelle persone, per lo più ragazzi, che indossano un costume che rappresenti un personaggio riconoscibile in un determinato ambito e ne interpretano il modo di agire. Lo so, quelli della mia generazione già mi hanno perso, ma posso garantire che la lista delle parole che non capirebbero è lunga. Esiste un mondo parallelo, a noi sconosciuto, che spiega le tante ore passate davanti ad uno schermo da parte dei nostri ragazzi.
Detto questo non posso fare a meno di sentirmi vecchio, nonostante le conoscenze artistiche e tecnologiche. Comincio ad avvertire un certo gap generazionale con i miei figli,  che ho cercato in tutti i modi di staccarli da quello schermo per farli vivere nel mondo reale,  avvertendo il pericolo che puo dare una fortissima dipendenza dai giochi on line. E non so ancora se ci sono riuscito.
Age of Empire poi Metin, poi League of legend, passando per i vari scenari di guerra con Call of Duty, hanno scandito la vita ed i giorni di molti ragazzi tra i quali i miei, che avrebbero potuto rispondere a tutte le domande che ho posto, in quanto padroni di quel mood e di quel linguaggio.
L’unica cosa che posso fare adesso è cercare di capire. Ho cominciato oggi, con i Cosplayers del Comicon di Napoli.
Cosplay al Comicon di Napoli 2016

Continuano le testimonianze su usi e costumi del secolo scorso nella nostra cittadina, aspettando l’evento “La Festa Della Ciliegia. A parlare stavolta è il 96enne Pasquale Lucania di Sasso, abbiamo estrapolato un piccolo stralcio della sua testimonianza, ci parla della metà del secolo scorso. Raccoglieremo altre testimonianze, su tutto il territorio, chiunque volesse segnalarci un testimone può mettersi in contatto con noi. Il progetto, con l’aiuto dei Giovani di Sasso, ma aperto a tutti, è quello di lasciare testimonianze del passato che andrebbero perse, in un unico documento filmato.

Ci siamo!!! E’ arrivata la digitalizzazione (15 anni dopo)!! Con la felicità nel cuore provo ad immaginare la rivoluzione che  porterà in ogni ambito, la velocizzazione di ogni procedura, l’annullamento delle distanze, la totale abolizione della carta, lo sharing delle idee, la comunicazione. Poi l’atroce realtà. Il problema è : come conservare i piccoli centri di potere acquisiti durante il jurassico e che ha impedito finora con effetti devastanti il passaggio? Come conservare i piccoli privilegi sulle informazioni, eludendo nella sostanza la ratio del passaggio al digitale, che pone l’uomo al centro della conoscenza? Così ci si imbatte nell”‘informatizzazione ad orticelli” che ha l’unica preoccupazione di preservare i privilegi acquisiti da alcuni soggetti ai danni di altri. E qui ci si scontra con le varie mission aziendali, perchè quel tipo di digitalizzazione non eleva i lavoratori, con i derivanti vantaggi per l’azienda, ma è una mera operazione di facciata, che non porterà benefici, se non ad alcuni soggetti, appartenenti ai gruppi dominanti,  nella gran parte dei casi rimasti al “digital-jurassic”.
Quindi è tutto un lavorio di accounts, privilegi che vanno da administrator a guest, secondo l’anzianità, il rango, le amicizie, le parentele…. ovviamente quando sei “guest” non sei nessuno. Si proprio come nella “fabbrica di Fantozzi”, disposta in piani, attici e superattici, in piena era di digitalizzazione, occorre ancora fare chilometri con una carta in mano o un supporto di qualsiasi tipo,  perchè per acquisire dati devi avere una mansione che appartiene al passato.
Mentre fuori il mondo scorre ai ritmi della digitalizzazione, quella vera, dove acquisire  o cancellare i propri dati è la normale mansione che svolgono tutti. La vera domanda è: smetteranno di pensare come se fossimo negli anni 60? Lo scopriremo solo vivendo.

Bitter Sweet Symphony e l’avidità dei Rolling Stones

Tra i titoli di coda di un film ritrovo Bitter Sweet Symphony, un singolo del gruppo rock inglese The Verve.
Sotto il titolo del brano i compositori: Mick Jagger e Keith Richards.


Non potevo crederci, cosi ho fatto un po di ricerche su google e mi sono imbattuto in una delle più grandi ingiustizie della storia del Rock. La paternità dell’opera è stata data alle due pietre rotolanti da un giudice. Cosi cerco su YT e mi imbatto nella fonte del plagio, la canzone The Last time dei Rolling Stones.


Ma non rilevo alcuna somiglianza. Dopo un ulteriore ricerca trovo una versione della canzone in The Rolling Stones Songbook della The Andrew Oldham Orchestra.

L’arrangiamento di Andrew Oldham Orchestra, una cover, non lascia dubbi, gli archi che caratterizzano Bitter sweet symphony e The Last time in questa versione orchestrale al minuto 1,40 sono identici, anzi sono un vero e proprio  campionamento.
Sulle prime ho pensato ai Verve come a dei truffatori o a dei pazzi, ma non mi sono dato per vinto ed ho continuato a scavare. Ed è venuto fuori che i Verve avessero acquistato i diritti di quel campionamento di 5 secondi dalla Decca.
Il tutto finì tra le mani di un giudice che assegnò con una sentenza la paternità della musica al duo Jagger-Richards, non tenendo conto del resto, insomma 5 note che potevano essere cambiate tranquillamente con altre cinque e che alla fine avrebbero dato un risultato simile come fanno praticamente tutti, lasciando inalterata la composizione. Quindi bastava cambiare una di queste note (mi sol mi fa re fa sib fa sib la fa la) per non avere alcun tipo di problema non chiedendo alcuna autorizzazione, così come fan tutti.
Invece i ragazzi hanno chiesto l’autorizzazione a non essere divorati nella vasca degli squali. E gli squali, si sa, quando sentono l’odore del sangue non guardano in faccia a nessuno, e così una cover insignificante di una canzone degli stones, diventa un successo planetario, fruttando  milioni e milioni di sterline in diritti,  un piatto succulento che i paladini del Rock&Roll che disprezzavano il vile denaro,  non si sono lasciati sfuggire acquisendone la proprietà in un aula giudiziaria.

Sembra che Richard Ashcroft, la voce dei Verve, quando esegue il brano nei suoi concerti, lo annunci ironicamente come la migliore canzone mai scritta dagli Stones, e di essere felice di contribuire all’acquisto di medicinali per Jagger e Richards.

Solo oggi riguardandolo dopo mesi mi sono reso conto di quello che avevamo realizzato. Abbiamo trasformato l’entusiasmo intorno ad una festa in un film con tanto di soggetto e sceneggiatura, (chi ne mastica sa di cosa parlo).
Gli attori,  moltissimi di loro non avevano mai recitato prima,   si sono prestati con grande impegno, cosi come tutti coloro che hanno collaborato nell’allestimento dei set, gli abiti oggetti di scena. Un grazie immenso a tutti loro.

ah dimenticavo Gabriel ha solo 19 anni 🙂 !!