Spaceman

Haux – Seaside

Non mi va di pensare.
Ne di tirare le somme, scoprire chi vince e chi perde.

Ma una cosa la so: Tu non hai vinto e non vincerai,
perché in tanti sono testimoni di quello che fai,
tu e il tuo fottuto sistema di complicità
basato sul familismo amorale e i suoi “simpatizzanti”.
Tu non hai vinto, perché non si vince occultando la verità e le persone
sporcandole a tutti i costi per continuare nei tuoi traffici.
Non si vince quando non si lascia niente
che valga la pena ricordare,
Non vinceresti nemmeno se trasformassi la mia vita
in una parete a picco, da scalare con le mani,
perchè non puoi fermare i fiumi, ne contenere il mare.
Rappresenti la maledizione del nostro tempo,
un brutto vecchio strascico che tende ad amplificarsi,
perpetrando all’infinito il tuo modo di agire e pensare,
facendolo diventare “sistema”.
Nel frattempo mi ispiri.

In quei treni sono passati tanti sogni, tante speranze, tante generazioni, tante vite.Per tanto tempo è stata l’unica cosa che ci collegava al mondo esterno, per certi versi, l’unica via di fuga verso le proprie aspirazioni, per altri una comoda sponda di un fiume che scorre dove sedersi ed ispirarsi.Dev’essere bello sedersi ad osservare, per capire gli altri, dai dettagli, dal modo di incedere, dalle espressioni del volto, da una ruga. Puoi assaporare l’attesa.
Mi piacerebbe avere il tempo per farlo. In quei treni la vita si ferma, almeno fino alla tua fermata.

Je song’ ‘o popolo

felice iovino

je song”o popolo
so a base e sta piramide
e piglio cavece si m’arrampico
… ma po care
je songo ‘e lacreme
ca scenneno dint”o scure
je song ‘o nord, ‘o sud
e ‘a fabbrica ca chiure
Song”a bulletta
ca te studìe a tre semmane
e song”o stato ca te sfrutta
e te mantene ‘e mmane
je songo arraggia che
te saglie chiane chiane
je so chill’attimo
“che aret nun se torna”
je song”o specchio
ment stai currenne
co core ca te fuje a piette
l’ultima faccia che vire,
e che vulisse cancellà
je song o tiempe, so l’aria,
so stu peso ca siente,
Je songhe a vita,
ca pe te nun vale niente
je so a rinuncia
e chille ca s’arrenne
e so colpevole quanne
“figlieme è innocente”
je so sta ruga
che jere nun tenive
je songhe o sanghe
e so o sudore
je song o popolo
e nun tengo addore

felice iovino

trad.
io sono il popolo
in fondo alla piramide
io prendo calci
se mi arrampico
ma poi cado
sono le lacrime
che scendono nel buio
io sono il nord, il sud
sono la fabbrica che chiude
sono la bolletta
che sta li da settimane
sono lo stato che ti sfrutta
e che lega le tue mani
sono la rabbia
che ti sale piano piano
io sono quel giorno
e sono l’attimo
che indietro non si torna
Sono lo specchio mentre scappi
con il cuore in gola
l’ultima faccia che vedi
e che vorresti cancellare
sono il tempo, l’aria,
il peso che ti senti
sono la vita
che per te non vale niente
sono la rinuncia
di chi si arrende
sono colpevole quando
“mio figlio è innocente”
sono la ruga
che ieri non avevi
sono sangue e sudore
io sono il popolo
e non ho odore

Francesco di Bella

“Dint’ò scuro addò allate se perdono me può truvà”, canta Francesco Di Bella evocando tutte le suggestioni e quel senso di smarrimento che offre quel pezzo di città chiamato Gianturco, riuscendo a cogliere tutta la poesia all’ombra dei silos pieni di carburanti che lasciano un forte odore nell’aria, sui vestiti e sulla pelle, dalle storie e dalle facce che si incontrano a napoliest.
Da officina 99 ad oggi Francesco compie un lungo percorso che lo riporta alle origini, come se non riuscisse a staccarsi da quella periferia che lo ispira profondamente.

Annalisa e Lello, una storia vera, insieme da sempre, entrambi docenti universitari, rivoluzionari e pionieri di nuovi linguaggi e tecnologie. Conosco Annalisa dai tempi della tv sperimentale sulle reti private, e con lei testavamo nuovi linguaggi, quelli che sarebbero poi diventati quelli della rete (viralità etc…).
Quando Lello mi ha chiesto di realizzare “il disegno di Manara” non ho avuto nessun dubbio: “non chiamiamo modelle, il Disegno di Manara è Annalisa Buffardi “. Non è stato facile convincerla ma credo abbia dato al racconto lo spessore che solo la realtà può dare.
Grazie a Lello e Annalisa.

ti ricordi quella bruna come era triste perché sapeva di non vedere
i razzi sulla luna – luna…

Quando vedo quelli che giocano a Pokemon Go mi sento triste, perchè non riesco a capire, e mi sento incapace di intravedere il futuro. Vedere masse di idioti con un cellulare inseguire personaggi di un cartone animato giapponese degli anni 90, pensando di essere al passo con i tempi, mi fa pensare ad altre cose inutili, come ad esempio le palline clik-clak degli anni 70, un gioco inutile (e pericoloso) al quale nessuno riusciva a rinunciare.
Ne abbiamo viste di cazzate, le abbiamo viste passare, rimpiazzate da altre cazzate sempre più grosse.
Una cosa positiva in PokeMon go ce l’ha: ha schiodato molti culi dalle sedie, portandoli per strada, sperando che non vengano investiti mentre rincorrono Picaciù.