Spaceman
Leaders of the world pose for a group photoImage by London Summit via Flickr

Silvio Berlusconi screditato sulla scena internazionale
[Le Monde]

Silvio Berlusconi ha infine riconosciuto che gli scandali sulla sua vita privata “danneggiano l’Italia”. “Guardare attraverso il buco della serratura fa male al paese”, ha rincarato Giulio Tremonti, il ministro dell’economia, mentre Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, si è appellato ad un’improbabile “tregua” tra i media ed il governo in occasione del prossimo G8 organizzato nella città disastrata di L’Aquila (Abruzzo), dall’8 al 10 luglio.
Accusato da sua moglie – che ha chiesto il divorzio – di “frequentare minorenni”, poi indicato dal suo avvocato quale “utilizzatore finale” di una rete di call-girls, infine riconosciuto dai giudici come “il corruttore” del suo ex avvocato David Mills, il presidente del consiglio non si gioca soltanto la sua reputazione, di cui non c’è più molto da salvare. Il Cavaliere deve ormai tentare di salvaguardare l’immagine dell’Italia che si è deteriorata parallelamente alla sua. E il suo ruolo sulla scena internazionale.
La sfida è enorme. Da due mesi, la stampa internazionale e i dispacci degli ambasciatori descrivono un paese in cui gli scandali pubblici e privati legati al capo del governo si accumulano. Il presidente del consiglio vi appare unicamente preoccupato dei suoi piaceri, mentre riceve nella sua residenza romana giovani ragazze a pagamento, nella stessa notte dell’elezione di Barack Obama.
Protetto da una legge che impedisce ogni azione legale a suo carico durante la durata del suo mandato, godendo dell’indulgenza e della condiscendenza di una parte degli italiani, dell’indifferenza e dell’ignoranza degli altri in ragione del “servizio minimo” accordato a questi scandali da parte di una televisione pubblica e privata asservita, Berlusconi non ha molto da temere sul piano interno. Le voci di dimissioni e di formazione di un “governo tecnico” hanno alla fine suscitato una corsa alla solidarietà tra coloro che erano dati come possibili successori di Berlusconi.
Al contrario, il modo in cui è visto dai suoi colleghi non gli è indifferente. Berlusconi, che assicura di avere la fiducia del “62%” degli italiani, sa che ormai il suo “charme” ha un’accoglienza ben peggiore sulla scena internazionale. Inizialmente, l’organizzazione del G8 in una città toccata dal terremoto, che è costato la vita a 300 persone il 6 aprile, era destinato a dimostrare l’efficacia dello Stato Italiano. Oggi, è diventato un test dell’influenza dell’Italia sulla scena internazionale, della stima e del credito di cui gode Berlusconi fra i suoi colleghi.
Il suo “Obama giovane e abbronzato” ha senza dubbio segnato il passaggio dal divertimeno al fastidio, fino all’imbarazzo. Ci si ricorda ancora il presidente del consiglio, con il cellulare attaccato all’orecchio, far aspettare il cancelliere tedesco Angela Merkel, il 4 aprile durante il summit della NATO. Quel giorno, Berlusconi non ha colto forse fino in fondo il senso della piccola alzata di spalle del cancelliere che sembrava dire: “Pazienza, faremo senza di lui.”
L’ultimo Consiglio europeo di Bruxelles ha suonato il campanello d’allarme. Malgrado la larga vittoria del suo partito alle elezioni europee e un tasso di partecipazione da far impallidire d’invidia molte altre democrazie, Berlusconi, senza appoggio, non è riuscito a piazzare il suo candidato alla presidenza del Parlamento europeo come aveva promesso ai suoi sostenitori. Per inciso, ha dovuto subire il seguente commento a doppio senso di Hans Gert Pottering: “Anche se qualcuno della nostra famiglia ha un comportamento che non piace a tutti, questo non deve avere effetti su coloro che non hanno avuto quel comportamento”. “Gli scandali di queste ultime settimane non hanno aiutato l’Italia” sottolinea l’inglese Graham Watson, capofila dei liberal-democratici.
Un “problema Berlusconi”? L’interessato continua a difendere il suo stile e la sua vita privata senza apparente rammarico – “agli italiani piaccio cosi”. Le domande tuttavia restano: il tentativo fallito di Fiat di prendere il controllo della tedesca Opel avrebbe avuto miglior sorte se la reputazione di Berlusconi e dell’Italia oltre il Reno fosse stata migliore? Obama avrebbe incluso una tappa romana durante il suo primo soggiorno europeo se il presidente del consiglio avesse evitato di fare una brutta battuta sul neo eletto?
Berlusconi dispiega un’intensa attività diplomatica. Dopo un viaggio lampo a Washington, il ricevimento di Mouammar Gheddafi a Roma, si è invitato a Corfù per il summit Russia-Nato. Ma, mercoledì primo luglio, ha annullato, all’ultimo momento, la sua presenza a Sirte (Libia) per una riunione dell’Unione Africana. Vuole dimostrare che è ancora “l’amico di tutti”, un dirigente ascoltato e frequentabile e che l’Italia pesa ancora nelle relazioni internazionali.
Non è la prima volta che Berlusconi deve affrontare uno scandalo e un summit. Nel 1994, a Napoli, la sua prima presidenza del G8 coincise con l’apertura di un’inchiesta giudiziaria che lo riguardava. Altre inchieste, altri scandali non hanno impedito ad alcuni dirigenti internazionali di frequentare la sua villa in Sardegna, il falso vulcano e forse le sue strane accompagnatrici. Quattordici anni più tardi chi, in seno al G8, sarebbe pronto a correre questo rischio?

[Italia dall'Estero]

Napoli affari

Reblog this post [with Zemanta]

LanciamissiliImage by 'Brizio via Flickr

Il coordinatore degli Usa per le sanzioni sulla Corea del Nord ha iniziato oggi i colloqui in Malaysia, forse anche sui legami che le banche hanno con le finanze di Pyongyang, mentre alcuni tra i missili lanciati ieri dal Paese potrebbero essere a medio raggio.

Ieri la Corea del Nord ha lanciato sette missili, secondo quanto riferito dal Ministero della Difesa sudcoreano, in un gesto di sfida nei confronti degli Stati Uniti nel giorno dell'Indipendenza, aumentando le tensioni provocate dal test nucleare condotto da Pyongyang a maggio.

“L'allerta è alta”, ha detto una fonte del Ministero della Difesa sudcoreano precisando che non ci sono segnali su ulteriori lanci per oggi.

I lanci di missili, segnale che la Corea del Nord sta aumentando le tensioni, avranno probabilmente ripercussioni sul sentiment dei mercati asiatici all'apertura di domani anche se gli investitori non si aspettano un impatto notevole.

A quanto pare, la Corea del Nord ha lanciato due missili Rodong a medio raggio, che possono colpire tutto il territorio della Corea del Sud e gran parte del Giappone, e cinque missili Scud, che possono raggiungere la maggior parte della Corea del Sud, secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa sudcoreana Yonhap che ha citato un funzionario di Seoul.

Il funzionario ha detto che due dei missili lanciati hanno compiuto il loro tragitto a una velocità superiore agli altri, precisando che si trattava di missili Rodong.

I missili hanno compiuto un tragitto di circa 420 chilometri e saranno necessari alcuni giorni per confermare che cosa è stato lanciato, sempre secondo il funzionario. Secondo le notizie di ieri si trattava solo di Scud.

Gli Scud e i Rodong sono missili balistici.

I lanci giungono proprio quando gli Usa hanno avviato un giro di vite sulle aziende sospettate di aiutare la Corea del Nord nei suoi commerci missilistici e sulle armi, soggetti alle sanzioni imposte dall'Onu in seguito al test nucleare.

Gli Usa potrebbero avere individuato molti conti bancari in Malaysia che si sospetta appartengano alla Corea del Nord e potrebbero congelarli nell'ambito del giro di vite, secondo la Yonhap che ha citato una fonte a Washington.

L'ambasciatore Usa Philip Goldberg, coordinatore americano per l'inasprimento della risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu 1874, discuterà del tema con funzionari in Malaysia, secondo quanto riferito dalla fonte.

Yahoo! Notizie: “Corea del Nord potrebbe aver lanciato missile a media gittata”

Reblog this post [with Zemanta]

Niente è per sempre.

Canzone che mi è rimasta impressa era in un bellissimo film, Crash.
E’ un film del 1996 diretto da David Cronenberg, ispirato all’omonimo romanzo di James Graham Ballard del 1973, vincitore del Premio della giuria al Festival di Cannes.

German dictator Adolf Hitler (right) and Itali...Image via Wikipedia

La peste nera si aggira nelle strade italiane

[Le Matin]

L’estrema destra lancia la “Guardia nazionale italiana” per lottare contro la criminalità

“Ci accusano di voler tornare alle “camice nere”. Tutto ciò che vogliamo, è la sicurezza dei nostri cittadini”, assicura il Movimento Sociale Italiano (MSI).
Il procuratore di Milano non la pensa allo stesso modo. Sabato ha aperto un’inchiesta su una formazione civile di sorveglianza contro la criminalità.
Il MSI ha approfittato di un congresso nazionale, sabato, per presentare la sua “Guardia nazionale italiana”, rivela il quotidiano “Il Corriere della Sera”.
Questa associazione “apolitica e senza scopo di lucro”, è composta per un terzo da ex membri delle forze dell’ordine. Dichiara di contare già 2100 volontari in differenti regioni della penisola: Piemonte, Lombardia, Lazio, Sicilia.
Ma il pubblico ministero milanese non vede molto di buon occhio queste pattuglie civili chiamate “Ronde Nere”. La giustizia accusa in effetti il MSI di violare la legge che proibisce (l’apologia, N.d.T.) del fascismo.
“La creazione della nostra formazione è completamente legale. Fino a che non dimostreranno che abbiamo commesso dei reati, andremo avanti”.
Come uniforme, i membri della “Guardia nazionale italiana” indossano una camicia grigia o kaki e pantaloni grigi con un bordino nero all’altezza delle gambe. Il copricapo sfoggia il simbolo dell’aquila imperiale romana con le iscrizioni “SPQR”. Il motto del gruppo è “Domine Dirige Nos” (Dio ci guida).
In Italia, le milizie civili di sorveglianza sono state da poco autorizzate.

[Articolo originale “La peste noire rôde dans les rues italiennes” di N.D.]

Reblog this post [with Zemanta]


View Larger Map

REPORTAGE – La popolazione di questa città del sud della Sicilia si ribella contro “la piovra”, la giustizia non la segue.

Lucia Lotti si strozza citando i titoli della stampa italiana: Gela sarebbe la città più mafiosa della Sicilia, la “pattumiera” d’Italia. Per il procuratore capo della procura antimafia, questi “stereotipi soffocanti” che vogliono fare di Gela il “prototipo di un luogo irrimediabilmente perduto” non tengono conto dello scatto energico di cui la città ha dato prova. Uno scatto che rende ancora [più] brutali le pesanti minacce che pesano sulla procura: da qui a settembre, la procura rischia di essere abbandonata in massa dai suoi sostituti.

“Il tribunale di Gela è la sede della legalità dello Stato”, proclama un manifesto delle organizzazioni cattoliche di sinistra, le Acli. “Non si paga”, afferma un grande striscione che barra il portone d’ingresso del municipio. Segue un numero di telefono a cui possono rivolgersi coloro che vogliono denunciare il “pizzo” (in italiano nel testo originale N.d.T.), il racket mafioso. Nel giro di qualche mese, quasi un centinaio di commercianti e piccoli industriali lo hanno fatto arrestare 850 membri della “piovra”. In tempi normali, è necessario un coraggio che sconfina nell’eroismo con l’eroismo per compiere il passo verso la legalità. La mafia ha buona memoria. Non è mai troppo tardi per regolare i suoi conti. Ma in questa città della costa Sud della Sicilia, dove è stato firmato il primo trattato di pace del mondo nell’anno 425 a.C., è nata una formidabile speranza. Su istigazione di magistrati determinati e di un dinamico sindaco di 58 anni, Rosario Crocetta, prende forma un movimento di rivolta civile.

Sarebbe ora. Alla fine degli anni ‘90, Gela meritava ampiamente la sua reputazione di avamposto dell’inferno: una guerra tra due organizzazioni rivali, Cosa Nostra e la Stidda, variante locale, aveva fatto 400 morti prima che le “famiglie” proclamassero la “pace mafiosa”. Gela conta oggi 85000 abitanti, (ciò) che la rende la quinta città della Sicilia. L’urbanistica è anarchica, con i suoi quartieri diroccati, le sue strade senza nome, 14000 costruzioni illegali, un complesso petrolchimico sorto negli anni ‘60 che sfigura spiagge da sogno e decine di carcasse industriali abbandonate. Senza contare la distribuzione erratica dell’acqua, che lascia la città a secco per giorni.

Potere d’infiltrazione

“Gela sta cambiando”, afferma il carabiniere di turno davanti al palazzo di giustizia. Il procuratore arriva ben scortata nella sua BMW 330 blindata e guadagna rapidamente i suoi uffici. Più tardi, scrutata da decine di sguardi, condurrà il corrispondente di Le Figaro in un giro a piedi nella città, senz’altra protezione che una guardia del corpo. Storia che dimostra che una “passeggiata” sul Corso, che si riempie di gente la sera, non è molto più rischiosa che nella sua Genova natale.

Il pericolo, tuttavia, è onnipresente. Ogni anno, Gela conta 150 incendi dolosi, semplici atti di intimidazione. Con la crisi finanziaria, l’usura e il racket sono in piena espansione. Secondo il sindaco Crocetta, la “messa in regola”, altrimenti detto il pagamento del “pizzo”, costa in media 500 euro al mese al commerciante o all’industriale. A Gela, sarebbero 3000 in questa situazione. Gli sfortunati che non possono pagare devono cedere alla mafia, attraverso dei prestanome, unaparte delle loro attività, in cui [la mafia] ricicla i suoi guadagni.

Il potere di infiltrazione dei mafiosi non conosce limiti. A fine marzo, Lucia Lotti ha fatto arrestare sette affiliati alla Stidda così come un ex terrorista. Progettavano di rapire un dirigente di una banca di Ragusa. Uno di loro gestiva il club nautico, luogo d’incontro abituale della migliore società di Gela. Le forze dell’ordine hanno sequestrato kalashnikov ed esplosivi. Le intercettazioni telefoniche sono state decisive.

Altro esempio: il presidente di una grossa cooperativa di Gela, un certo Stefano Italiano, è stato colpito dalla giustizia. Aveva denunciato una banda che lo taglieggiava. Omettendo tuttavia di dire che aveva riciclato per questa banda considerevoli fondi illeciti. Aveva tentato di cambiare facendosi eleggere vice-presidente del comitato locale anti-racket. “Potrebbe essere Pirandello. Non è che una miserabile farsa quotidiana”, insorge la drammaturga Silvia Grasso.

“Né il tempo né i mezzi”

Per Rosario Crocetta, Gela è la prima città d’Italia ad essersi ribellata in massa contro la mafia. “La stiamo liberando”, proclama il sindaco. Personaggio fuori dal comune nell’Italia conformista del Sud, questo sindaco, comunista ed omosessuale, è in carica da sette anni. Nel giugno 2007, è stato rieletto al primo turno con il 65% dei voti. Ha allontanato le imprese mafiose dai mercati pubblici, epurato l’amministrazione dai suoi funzionari sospetti, tra cui la moglie di un boss locale, denunciato pubblicamente i capi dei clan e creato con quattro imprenditori un comitato di lotta contro il “pizzo”. Un “cambiamento epocale” dice. Vive sotto scorta e si sposta in un’auto blindata.

Ma il palazzo di giustizia manca di effettivi. “A breve termine, non ci saranno più sostituti [procuratori] a Gela”, spiega un altro procuratore, Anna Canapa. Una legge votata nel 2007 dalla sinistra impedisce ai procuratori di reclutare magistrati che abbiano meno di quattro anni di anzianità. All’ultimo concorso, su cento candidati, nessuno si è presentato volontario per Gela. A settembre, una volta terminate le sostituzioni temporanee, il giudice Canapa non avrà che un sostituto anziché cinque. Lucia Cotti conoscerà una situazione identica.

Procuratore capo del distretto giudiziario di Caltanissetta (centro della Sicilia) da cui dipende [la procura di] Gela e capo della procura antimafia, Sergio Lari traccia una situazione allarmante: “Salvo che a Palermo e Catania, la maggior parte delle procure siciliane funziona con il 50% dei propri effettivi. Non ho né il tempo né i mezzi per chiudere le inchieste”. Vi si aggiungono le riduzioni dei finanziamenti: ha già esaurito i 70000 euro assegnati per i costi di gestione del 2009; l’anno precedente ne aveva avuti 400000. “Globalmente abbiamo perso i due terzi degli stanziamenti” dice.

A fine pomeriggio, il palazzo di giustizia è stranamente deserto. Corridoi e uffici vuoti. Nessun poliziotto di turno al piano del procuratore, tuttavia dotato di una protezione ravvicinata. La giustizia italiana non ha più i mezzi per pagare. La mafia ne approfitta.

[Articolo originale “À Gela, la mafia profite du «désert judiciaire»” di Richard Heuzé ]

ItaliaDall'Estero

Reblog this post [with Zemanta]